Il Consiglio di stato con la sentenza n.5513/2021 ha ritenuto inconferente la mancata registrazione degli enti certificatori presso Accredia dando invece rilevanza a quanto prodotto dalla prima classificata in quanto l’ente ceco e quello svizzero risultavano comunque accreditati presso organismi nazionali o internazionali, così come la Repubblica ceca e la Svizzera sono firmatarie di accordi multilaterali ai sensi del Regolamento 765/2008, quale specifica disciplina sul sistema di accreditamento che definisce il concetto di organismo deputato a svolgere proprio le attività di accreditamento.
(..) La giurisprudenza ha infatti chiarito, nell’ambito di giudizi aventi ad oggetto la legittimità di clausole del disciplinare che prescrivevano il possesso di determinate certificazioni aggiuntive rispetto a quelle minime previste, che “…si deve quindi riconoscere alle imprese partecipanti a gare d’appalto di provare con ogni mezzo ciò che costituisce oggetto della certificazione richiesta dalla stazione appaltante, pena altrimenti, in primo luogo, l’introduzione di una causa amministrativa di esclusione in contrasto con una chiara disposizione di legge; ed inoltre la previsione di sanzioni espulsive sproporzionate rispetto alle esigenze delle amministrazioni aggiudicatrici, le quali devono esclusivamente poter confidare sull’effettivo possesso dei requisiti di qualità aziendale o – per venire al caso di specie – sul rispetto delle norme sulla responsabilità sociale delle imprese” (Cons. Stato, Sez. V, 17 aprile 2020, n. 2455; sez. V, 12 novembre 2013, n. 5375).
La tesi degli appellanti circa la non valutabilità dei certificati posseduti dalle imprese facenti parti del RTI aggiudicatario per il fatto di non essere riconosciuti o registrati presso Accredia è pertanto palesemente ed ingiustificatamente contraria e contrastante con la ratio della determinata norma e si espone alla palese violazione proprio di quei principi di concorrenza e parità dei concorrenti invocati a sostegno della illegittimità della previsione.
Non può del resto sottacersi che non è stato neppure contestato che i certificati contestati sono stati effettivamente rilasciati da organismi di valutazione accreditati, secondo il proprio rispettivo diritto interno e presso i propri enti di accreditamento (L.L.-C, società di diritto ceco, e Dimitto Certification Service, società di diritto svizzero, rispettivamente accreditati presso Czech Accreditation Institute- CAI e Servizio di Accreditamento Svizzero- SAS, organismi nazionali di accreditamento operanti nella Repubblica Ceca e in Svizzera, firmatari degli accordi multilaterali ex art. 14 del Regolamento CE 765/2008), entrambi facenti parte di EA (European co-operation for Accreditation).
Pertanto correttamente la sentenza di prime cure ha ritenuto idonee ad accertare il sistema di qualità della concorrente le certificazioni possedute dall’aggiudicataria, provenienti da organismi certificatori accreditati che operano in altri Stati.
Giova al riguardo richiamare le pertinenti previsioni applicabili alla fattispecie recate dal menzionato Regolamento CE 765/2008, disciplinante il sistema di accreditamento e certificazione, che all’art. 2 definisce l’organismo nazionale di accreditamento quale “l’unico organismo che in uno Stato membro è stato autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento” (art. 2 del Regolamento CE 765/2008), precisando ulteriormente che per accreditamento deve intendersi “l’attestazione da parte di un organismo nazionale di accreditamento che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfa i criteri stabiliti da norme armonizzate e, ove appropriato, ogni altro requisito supplementare, compresi quelli definiti nei rilevanti programmi settoriali, per svolgere una specifica attività di valutazione della conformità” (art. 2 del Regolamento CE 765/2008).
Né ancora può accogliersi sotto altro profilo la tesi secondo cui i predetti organismi non sarebbe stati comunque abilitati a rilasciare le certificazioni per il Settore 35, quello asseritamente relativo all’oggetto della gara, sia perché si tratta di una mera affermazione, priva di qualsiasi adeguato supporto probatorio, sia perché – ancora una volta – una simile ricostruzione è in stridente ed insanabile contrasto con la finalità della ricordata disciplina normativa. (..)
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